L’unico modo per far passare il dolore è viverlo. Le emozioni, sia piacevoli che spiacevoli sono la nostra parte viva. Le sentiamo forti dentro di noi, poi vanno via, sono un vissuto che fluisce. Loro danno vita a noi, e noi diamo vita a loro. Per farlo dobbiamo attraversarle. Come? Accorgendoci di cosa stiamo sentendo senza giudicarlo, ascoltando il nostro corpo e rispettandone i limiti, parlando del vuoto che sentiamo, della mancanza che stringe lo stomaco, della rabbia e della tristezza (solo per fare degli esempi, ma ognuno lo vive a modo proprio); questo aiuta a elaborare la perdita.
Parlare ma anche scrivere, disegnare, muoversi, purché si esprima. Perché quando si tratta di una perdita tale, c’è bisogno di un periodo di elaborazione, fatto di espressione di ciò che si sente, di condivisione delle proprie emozioni sensazioni e ricordi, di ascolto, comprensione ed empatia, e infine di riappropriazione (riprendere con sé l’investimento affettivo e portarlo avanti nel mondo). Parlare del proprio animale perduto e delle proprie esperienze con Lui, aiuta a imprimere in noi la sua presenza e ciò che c’ha lasciato. Perché se è vero che la morte ce l’ha fisicamente portato via per sempre, dall’altra, quello che è stato vissuto insieme, non può togliercelo nessuno. E soprattutto, l’amore che gli abbiamo dato era ed è un nostro sentimento, ed è bene ricordarlo. L’amore non si perde perché è dentro di noi. Il nostro amico ci ha permesso di metterne un po’ nel mondo e ci ha insegnato che siamo in grado di farlo. Ma l’amore è sempre nostro, e di nuovo possiamo rimetterlo nel mondo. Col tempo, quando ce la risentiremo. È utile avere delle foto da cui partire per una narrazione, ma vanno bene anche i suoi oggetti, e in presenza di qualcuno rievocare ricordi piacevoli e spiacevoli, come a collegare con un filo invisibile ma potente, quello della narrazione, gli episodi e i momenti di vita vissuti insieme. Raccontare aiuta a riappropriarsi dei pezzi di storia che mai come in momenti come quelli del lutto sembrano andare in frantumi. Come in una sorta di psico-collage, dar vita a una riconfigurazione di senso. Solo una volta che ce ne siamo davvero riappropriati, allora potremo lasciarla andare. Dove per lasciare andare non intendo dimenticare (sarebbe impossibile e innaturale), ma lasciar fluire, accogliendo il destino che è spettato al nostro amico. Accogliere è una delle cose più difficili da fare, e contemporaneamente più facili: significa non resistere. Non opporsi. Lasciare che sia. È diverso da accettare, che implica una parte più attiva e uno sforzo maggiore. Accogliere è come osservare un fiume che scorre. Noi siamo lì accanto al fiume, possiamo solo guardarlo e constatare che scorre.
È facile sentirci in colpa per quel che gli è accaduto, come se avessimo potuto o dovuto fare qualcosa di diverso per evitargli quel destino. Ci diciamo che se gli avessimo dato altro da mangiare o se l’avessimo portato più spesso a correre…magari non sarebbe successo. Tutto questo è normale, è umano. Ma spesso è il nostro bisogno di voler controllare tutto o la nostra sensazione di onnipotenza, che ci porterebbe a salvare da tutti i mali le persone e gli esseri che amiamo. Ma siamo solo esseri umani. Potenti si, ma non onnipotenti. Tutto quello che possiamo fare è solo amare. E amare non è poco. Aver amato è tutto quello che è in nostro potere. E se l’abbiamo fatto proprio in quel modo vuol dire che era il modo migliore che abbiamo trovato. Custodire questo amore, questo legame che ci è stato portato via è tutto quello che possiamo fare. E significa portare con sé l’esperienza di aver amato e di essere stati amati, e riuscire a lasciare andare ciò che non è in nostro
potere trattenere, la vita. Tutto quello che possiamo fare è viverla, e viverla è già un bel compito. Saper lasciare andare è l’altra faccia di saper prendere. Con il nostro amico abbiamo avuto un tempo per prendere, e prima o poi c’è anche un tempo per lasciare andare. Fate tesoro di ciò che vivere con lui vi ha insegnato. Magari qualcuno non lo sapeva, ma sa amare. Forse qualcun’altro può pensare di non valere abbastanza e invece il nostro amico vi ha fatto sentire indispensabili. A qualcun altro ha insegnato che è bello essere amati senza essere giudicati. Questo è quello che ora potete cercare nel mondo. E questo è l’ennesimo insegnamento che può lasciarci il nostro amico. Ricordarlo è un buon modo per non perderlo mai davvero, e per portarlo, in qualche forma, sempre dentro di noi.
© 2013002449 2013
Dott.ssa Silvia Polizzi Andreeff
Psicologa
3341557455
silviapolizzi83@tiscali.it
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