La parola allo psicologo

Per molti di noi perdere un animale con cui si è convissuto è come perdere un familiare, o un amico.
E perdere un affetto del genere è come perdere una parte di noi, come se una fetta della nostra vita ci svanisse tra le mani. Questo genera un dolore immenso, che ha bisogno di tempo e spazio per essere lenito. Questo dolore è normale. Soprattutto per chi ha convissuto principalmente con quell’animale, una quotidianità fatta di piccole e grandi cose. La morte è una perdita definitiva per certi aspetti. I più concreti e tangibili. Non riabbracceremo più il nostro fedele amico. Non ci verrà più incontro scodinzolando, o facendoci le fusa, o volandoci intorno. Questo è l’aspetto più doloroso. Finisce un capitolo della nostra vita. Non la nostra vita però. E anche questo è importante.
© 2013002449 2013

Dott.ssa Silvia Polizzi Andreeff
Psicologa
3341557455
silviapolizzi83@tiscali.it

Presentazione

14 febbraio 2021

21 ottobre 2013

Molti di noi vivono l’animale di casa come un membro della famiglia e lo amano come un amico.
Questo amore è fatto di momenti condivisi, di crescita personale, di scambi affettivi e di tanto altro.
Quando accade di perderlo, improvvisamente o per una malattia, le emozioni di dolore e impotenza mettono a dura prova la vita della famiglia che è costretta ad un cambiamento. Cambiano i ritmi, cambia lo spazio, cambiano persino i rumori in una casa. È una assenza molto presente. Sapere cosa succede a chi vive questi momenti e sapere che è normale e umano che sia così, è utile. È anche importante sapere che è un dolore che poi passa; e avere qualche spunto su come poterlo gestire meglio, può aiutare. Affronterò questo argomento mettendo in risalto l’importanza di un animale amico in famiglia, il tema della perdita, della morte, ma anche e soprattutto della vita. Perché se siamo qui a parlarne, vuol dire che la vita, continua. È non è una colpa, è un regalo.

La perdita improvvisa

14 febbraio 2021

21 ottobre 2013

Tutte le morti sono perdite dolorose, ma ce ne sono alcune che rendono il lutto ancora più drammatico, come nel caso di incidenti. Quando la perdita è improvvisa oltre al dolore lascia uno spazio immenso fatto di sorpresa, incredulità e uno stato d’animo simile allo shock. “Non è possibile!”. Si nega la notizia. Questo è normale.
Non si può essere pronti a tutto, soprattutto a cose molto drammatiche come la morte del nostro animale del cuore. La sensazione di restare senza forze, di non provare niente (perché sarebbe troppo forte come emozione se la sentissimo), o di provare una grande rabbia fa parte della naturale reazione ad una notizia del genere, sia che ci venga detto, sia nel caso che fossimo proprio noi ad accorgerci di ciò che è successo.
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Dott.ssa Silvia Polizzi Andreeff
Psicologa
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Il ruolo di un Animale in famiglia

14 febbraio 2021

21 ottobre 2013

Quando un gatto o un cane o un coniglio, un criceto o un altro amico peloso e non, entrano in una famiglia, in un certo senso smettono di essere animali, e diventano amici, compagni, membri della famiglia stessa a tutti gli effetti. Vivono con noi, ci accompagnano nelle nostre giornate, condividono i momenti del pasto. Diventa un rito quello di fare colazione insieme, preparare il pranzo per la famiglia e la pappa per il cane, spesso si elargiscono assaggini da tavola anche “contro le regole” perché non si resiste a quegli occhioni di silenzio pieno di richiesta. E poi c’è l’ora della passeggiata, puntuale come se il nostro amico fosse dotato di orologio! Se non andiamo noi armati di guinzaglio è lui a richiamarci all’ordine!
E se ci si può concedere un riposino pomeridiano, il nostro amico è lì accanto a noi pacioso e fedele. Capita anche di discuterci eh! A chi non è capitato di rispondergli male per un “comando” frainteso, per un nervosismo di troppo, o per un’insistenza particolarmente rumorosa? Sembra quasi che ci siano delle piccole liti, ognuno col suo broncio, e poi, si fa a gara a chi fa il primo passo verso una veloce riappacificazione. Come col partner, coi figli, coi genitori, come in ogni famiglia. Questo è l’aspetto magico di un animale. Quando si dice che gli manca la parola, beh, io penso che parlino semplicemente in modo diverso da noi, ma parlano eccome! A volte si capisce di più il proprio cane/gatto…che un compagno! E così l’animale è vestito e investito di un ruolo molto importante, che va oltre i compiti strettamente canini.
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Dott.ssa Silvia Polizzi Andreeff
Psicologa
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La perdita che ci si aspettava

14 febbraio 2021

21 ottobre 2013

Quando il nostro amico animale è molto anziano, in cuor nostro sappiamo che ha più vita dietro che davanti, ma dirselo ad alta voce è molto diverso. Non è mai il momento giusto per morire. Anche se si è anziani. Solo che fa parte della vita. Essere arrivati alla senilità significa aver avuto tanta vita, e già questa è una fortuna, e se il nostro amico ha avuto la doppia fortuna di viverla in una famiglia, amato e rispettato, in cuor suo non potrebbe desiderare di meglio. Rendercene conto ci è utile a contenere un po’ il dolore, perché abbiamo fatto tutto ciò che potevamo fare per lui e con lui.
Ancora diverso è il caso in cui il nostro amico animale si ammala e il veterinario ci dice che non si può fare niente, o più niente, se già sono stati tentati interventi, e in più è ancora giovane. Anche in questo caso si è costretti a prendere in considerazione l’idea della morte prima del tempo. E quando sarà il momento sarà comunque dolorosissimo. Eppure lo sapevamo. Saperlo può essere utile, ma non aiuta a soffrire di meno. In questi casi è frequente la sensazione di ingiustizia: “non è giusto”. Si nega che sia potuto accadere proprio a Lui. La rabbia può arrivare a livelli altissimi. Ci si sente sotto scacco dalla vita. Non ci si spiega perché. È vero. Un perché è introvabile. Su certe cose siamo impotenti, cioè sentiamo rabbia dolore e paura, e su altre abbiamo invece molto potere. Per esempio, una cosa che può aiutare è trovare un come. Come stargli vicino per quel che gli resta, e come poter affrontare il vuoto che lascerà. E non meno importante come ricostruire la nostra quotidianità senza di “Lui”. Perché anche se in certi momenti sembra tanto buia, per noi c’è ancora strada.
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Dott.ssa Silvia Polizzi Andreeff
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Come affrontare nell'immediato la perdita

14 febbraio 2021

21 ottobre 2013

Spesso non si è pronti a lasciare andare il nostro amico anche se è vecchio e ha avuto una vita meravigliosa, figuriamoci se ce l’ha ancora tutta davanti una vita e invece gli è stata diagnosticata una malattia incurabile. Sapere che la sua vita terminerà prima del previsto non significa soffrire di meno quando accadrà. Però ci dà una possibilità. Quella di aver cura di mettere più qualità possibile in ogni momento della sua vita, ancora più di prima, e stando attenti anche alle piccole cose. Dove non è più possibile curare, è ancora e sempre possibile prendersi cura. Di Lui. E di noi.
A un certo punto ci si trova soli a dover gestire la presenza di quest’assenza, e a dover fare tutto ma senza la compagnia dell’amico di sempre. È una situazione che richiede energia e sostegno. Solo che in certi momenti non si sa dove prenderla l’energia. È importante chiedere aiuto, a un amico, ad un familiare, ad uno specialista, e permettersi di esprimere tutto il dolore e la rabbia che si ha dentro. Ognuno poi ha il suo modo di esprimere la sofferenza, e va bene così. Ma far finta che non sia successo niente o sminuire la cosa, serve solo a rimandare un dolore che prima o poi andrà guardato negli occhi, e più verrà procrastinato, più sarà dura affrontarlo. Il dolore è un’emozione, le emozioni non si fuggono, si possono solo attraversare. E qualsiasi sia l’emozione, poi passa. Ci scorre dentro, ci percorre, e poi passa. Il dolore, anche quello più grande, se lo viviamo, poi dolcemente ci lascia, e un’altra emozione prenderà il suo posto. La vita non si ferma. La vita continua.
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Dott.ssa Silvia Polizzi Andreeff
Psicologa
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Elaborare la perdita

14 febbraio 2021

21 ottobre 2013

L’unico modo per far passare il dolore è viverlo. Le emozioni, sia piacevoli che spiacevoli sono la nostra parte viva. Le sentiamo forti dentro di noi, poi vanno via, sono un vissuto che fluisce. Loro danno vita a noi, e noi diamo vita a loro. Per farlo dobbiamo attraversarle. Come? Accorgendoci di cosa stiamo sentendo senza giudicarlo, ascoltando il nostro corpo e rispettandone i limiti, parlando del vuoto che sentiamo, della mancanza che stringe lo stomaco, della rabbia e della tristezza (solo per fare degli esempi, ma ognuno lo vive a modo proprio); questo aiuta a elaborare la perdita.
Parlare ma anche scrivere, disegnare, muoversi, purché si esprima. Perché quando si tratta di una perdita tale, c’è bisogno di un periodo di elaborazione, fatto di espressione di ciò che si sente, di condivisione delle proprie emozioni sensazioni e ricordi, di ascolto, comprensione ed empatia, e infine di riappropriazione (riprendere con sé l’investimento affettivo e portarlo avanti nel mondo). Parlare del proprio animale perduto e delle proprie esperienze con Lui, aiuta a imprimere in noi la sua presenza e ciò che c’ha lasciato. Perché se è vero che la morte ce l’ha fisicamente portato via per sempre, dall’altra, quello che è stato vissuto insieme, non può togliercelo nessuno. E soprattutto, l’amore che gli abbiamo dato era ed è un nostro sentimento, ed è bene ricordarlo. L’amore non si perde perché è dentro di noi. Il nostro amico ci ha permesso di metterne un po’ nel mondo e ci ha insegnato che siamo in grado di farlo. Ma l’amore è sempre nostro, e di nuovo possiamo rimetterlo nel mondo. Col tempo, quando ce la risentiremo. È utile avere delle foto da cui partire per una narrazione, ma vanno bene anche i suoi oggetti, e in presenza di qualcuno rievocare ricordi piacevoli e spiacevoli, come a collegare con un filo invisibile ma potente, quello della narrazione, gli episodi e i momenti di vita vissuti insieme. Raccontare aiuta a riappropriarsi dei pezzi di storia che mai come in momenti come quelli del lutto sembrano andare in frantumi. Come in una sorta di psico-collage, dar vita a una riconfigurazione di senso. Solo una volta che ce ne siamo davvero riappropriati, allora potremo lasciarla andare. Dove per lasciare andare non intendo dimenticare (sarebbe impossibile e innaturale), ma lasciar fluire, accogliendo il destino che è spettato al nostro amico. Accogliere è una delle cose più difficili da fare, e contemporaneamente più facili: significa non resistere. Non opporsi. Lasciare che sia. È diverso da accettare, che implica una parte più attiva e uno sforzo maggiore. Accogliere è come osservare un fiume che scorre. Noi siamo lì accanto al fiume, possiamo solo guardarlo e constatare che scorre.
È facile sentirci in colpa per quel che gli è accaduto, come se avessimo potuto o dovuto fare qualcosa di diverso per evitargli quel destino. Ci diciamo che se gli avessimo dato altro da mangiare o se l’avessimo portato più spesso a correre…magari non sarebbe successo. Tutto questo è normale, è umano. Ma spesso è il nostro bisogno di voler controllare tutto o la nostra sensazione di onnipotenza, che ci porterebbe a salvare da tutti i mali le persone e gli esseri che amiamo. Ma siamo solo esseri umani. Potenti si, ma non onnipotenti. Tutto quello che possiamo fare è solo amare. E amare non è poco. Aver amato è tutto quello che è in nostro potere. E se l’abbiamo fatto proprio in quel modo vuol dire che era il modo migliore che abbiamo trovato. Custodire questo amore, questo legame che ci è stato portato via è tutto quello che possiamo fare. E significa portare con sé l’esperienza di aver amato e di essere stati amati, e riuscire a lasciare andare ciò che non è in nostro
potere trattenere, la vita. Tutto quello che possiamo fare è viverla, e viverla è già un bel compito. Saper lasciare andare è l’altra faccia di saper prendere. Con il nostro amico abbiamo avuto un tempo per prendere, e prima o poi c’è anche un tempo per lasciare andare. Fate tesoro di ciò che vivere con lui vi ha insegnato. Magari qualcuno non lo sapeva, ma sa amare. Forse qualcun’altro può pensare di non valere abbastanza e invece il nostro amico vi ha fatto sentire indispensabili. A qualcun altro ha insegnato che è bello essere amati senza essere giudicati. Questo è quello che ora potete cercare nel mondo. E questo è l’ennesimo insegnamento che può lasciarci il nostro amico. Ricordarlo è un buon modo per non perderlo mai davvero, e per portarlo, in qualche forma, sempre dentro di noi.
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Dott.ssa Silvia Polizzi Andreeff
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'Sostituire' l'Animale scomparso

14 febbraio 2021

21 ottobre 2013

“Il mio era un animale insostituibile. Come lui non ce n’era e non ce ne sarà. Lui era speciale. Ora che è morto non voglio più sentire parlare di altri animali. Non voglio più soffrire così.”
Questa posizione, legittima, è molto frequente. E va anche rispettata. Partendo dal presupposto che non c’è qualcosa di giusto o sbagliato da fare, questa posizione va però inquadrata nell’ottica del “dolore fresco” che ci pervade dopo la morte del nostro amico. Infatti si prende in considerazione solo la sofferenza della morte, ma non si vedono tutti gli anni e i momenti di gioia che ci hanno reso la vita migliore e in cui abbiamo potuto scambiare tanto amore.
Rinunciare alla possibilità di soffrire ancora, implica anche rinunciare alla possibilità di sperimentare nuove gioie e condivisioni. Ma in quel momento, anche solo pensare di riprendere un altro cane o gatto o altro animale, ci sembra una pazzia. Proprio perché non ce ne sarebbero come lui. E questo è vero. È proprio così. Infatti se vogliamo un altro animale per sostituire il nostro, rischiamo di intraprendere una via molto complessa e amara. Ogni nostro amico è insostituibile. Ed è anche vero che ogni animale è speciale. È così perché ognuno è diverso, e ognuno ha le sue caratteristiche, e perché con ognuno noi costruiamo una relazione che è unica. E questa relazione che cresce con noi e noi nutriamo di tempo, spazio e vita, è qualcosa che appartiene solo a chi la vive. E questo è qualcosa che non appartiene esclusivamente all’animale, ma a ciò che è in mezzo tra l’animale e noi. Non è l’animale in sé, quanto ciò che si crea tra lui e le persone che lo amano a diventare così importante. Quello che noi ci mettiamo dentro, il modo in cui con tutto il nostro amore riempiamo e costruiamo una relazione, uno scambio, un rapporto; questo dà dignità a noi, al nostro amico animale e alla nostra relazione. Prendere con sé un altro animale, ha senso nell’ottica di desiderare che il nostro amore e la nostra passione e la nostra curiosità, e il nostro impegno e il nostro bisogno e i nostri desideri possano prendere vita in una nuova relazione, con un altro nuovo diverso amico. Allora sì che si può pensare, col tempo, che può essere brevissimo o lunghissimo, e non è giudicabile da nessuno che sia esterno alla situazione, di intraprendere una nuova amicizia, con un altro animale, con cui molto probabilmente si instaurerebbe un rapporto speciale. Ma assolutamente non da confrontare col precedente, e non per riempire buchi, perché significherebbe non vedere l’altro animale, ma sovrapporci la nostra immagine di quello precedente; la relazione richiede almeno due individui, due poli, se noi non vediamo l’altro per quello che è, ma solo per ciò che ci vorremmo vedere, non stiamo in relazione con un altro soggetto, ma con un oggetto, e questo sarebbe un torto per tutti. A noi non farebbe bene perché continuamente ci perderemmo nel sapore amaro dei confronti, il nuovo amico potrebbe sentirsi frustrato dal nostro atteggiamento di “l’altro non si sarebbe comportato così o colà…..”, e il nostro amico di prima sarebbe richiamato in gioco quando lui in gioco non è più.
Alla luce di questo, ottimo volere un altro animale, ma ricordandosi che è un altro, e non sostituisce nessuno. Ognuno è quello che è. E ha diritto di vivere la sua dignità senza paragoni. A volte può volerci molto a elaborare il dolore a tal punto da essere pronti a reinvestire su un’altra relazione il proprio amore. Si può anche scegliere di tenerlo per sé, ma ogni scelta comporta una rinuncia. Personalmente credo che valga sempre la pena avere accanto un amico, ed essergli amico. Anche perché, almeno nel caso dei gatti e dei cani, sappiamo prima di prenderlo, che anche nella migliore delle ipotesi vivranno meno di noi, e anche se saperlo non ci farà soffrire di meno, è utile ricordarsi di vivere di qualità e non di quantità e che anche solo qualche anno in cui potersi sentire meno soli, fare un sorriso in più, prendersi cura di qualcuno, avere una compagnia, farsi scaldare dall’amore di un animale, beh, ne vale sempre e comunque la pena. Solo se si è disposti a vivere il dolore si potrà vivere anche la gioia. E noi conosciamo l’uno solo perché abbiamo conosciuto anche l’altro, e questo è il fluire della vita, perché la vita scorre come un fiume e non serve provare a fermarla, né provare a spingerla. Il fiume sa dove deve andare. Noi possiamo solo navigarla. In compagnia, a volte, è anche meglio!
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Dott.ssa Silvia Polizzi Andreeff
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